In colpa per essere ancora viva?

La testimonianza di Tatiana Bucci, superstite della Shoah

In data 10 febbraio 2020 si è svolto presso il Teatro Augusteo di Salerno l'ultimo di una serie di incontri organizzati dal giornalista Eduardo Scotti di La Repubblica intitolati "Shoah, la Memoria che prepara il futuro". In teatro, oltre a Tatiana Bucci, una delle ultime persone viventi che sono riuscite a tornare vive da Auschwitz, erano presenti l’Assessore alla Pubblica Istruzione nonché vicesindaco del Comune di Salerno Eva Avossa, la giornalista Tonia Cartolano che ha coordinato il dibattito e Mario De Simone, cugino della sig.ra Bucci nonché fratello di Sergio De Simone, vittima della Shoah.
“Non mi sento in colpa di essere sopravvissuta: non ho fatto nulla per essere qui oggi.” Sono state queste le prime parole pronunciate da Tatiana Bucci di fronte ad una attenta platea di giovanissimi studenti accorsi dalle scuole di Salerno per ascoltare la testimonianza della signora dai capelli bianchi che spiccavano sulla maglia color arancio. La signora Bucci era visibilmente emozionata mentre esprimeva il suo comprensibile disagio nel dover parlare della propria tragica disavventura davanti ai numerosi ragazzi. 
Dal mio punto di vista, questi incontri sono e saranno fondamentali per far capire ai miei coetanei cosa realmente è successo durante la dittatura nazifascista nei campi di concentramento e di sterminio, per far sì che tutto ciò non accada mai più. 
Tatiana (all'anagrafe Liliana) e Andra (diminutivo di Alessandra) Bucci sono nate a Fiume rispettivamente nel 1937 e nel 1939, figlie di matrimonio misto tra il padre cattolico e la madre ebrea. Nel 1943, la loro zia Gisella, rimasta sola con il figlio Sergio a Napoli, dopo che il marito era stato fatto prigioniero in Germania, decise di tornare a Fiume dalla sua famiglia. Questa scelta costerà la vita a Sergio. All'inizio, la vita di questa famiglia, nonostante la guerra, procedeva tranquilla: i bambini venivano distratti da tutto quello che stava succedendo attorno a loro. Una notte di fine marzo del 1944, però, i nazisti accompagnati da delatori fascisti, irruppero nell'appartamento della famiglia di Tatiana. Le due sorelle furono svegliate dalla mamma che le vestì e le portò insieme a Sergio in salone. Lì videro la loro nonna inginocchiata davanti ad un soldato mentre lo implorava inutilmente di non prendere i bambini. Tutti i membri della famiglia vennero arrestati e portati a Susak, in un deposito di vini adibito a luogo di detenzione. Lì rimasero per una notte insieme ad altre famiglie, dopodiché furono trasferiti nel lager nazi-fascista realizzato presso la Risiera di San Sabba. Restarono lì per due giorni e furono sottoposti ad interrogatori. Poi furono portati alla stazione di Trieste per essere caricati su uno dei vagoni del treno diretto in Polonia. Era un carro, più che un vagone, con un po’ di paglia sporca e un secchio per i loro bisogni. Il viaggio fu stremante: non ci si poteva neanche sedere e ci si doveva spogliare davanti a tutti perdendo completamente la propria dignità. Ogni tanto ci si fermava nelle stazioni; fu proprio in una di queste che la mamma delle bambine riuscì a far cadere dal treno un bigliettino da far recapitare alla famiglia di suo marito, rimasta a Fiume, per fargli sapere che stavano per essere deportate in un posto a loro sconosciuto. 
La notte del 4 aprile 1944 il loro treno arrivò ad Auschwitz-Birkenau. Sotto i latrati dei cani tenuti alla catena, i prigionieri furono fatti scendere dal treno e gli uomini vennero divisi dalle donne; i più deboli, i bambini, i malati e gli anziani furono mandati direttamente alle camere a gas mentre gli altri - tra cui Tatiana e Andra - si salvarono. Le due sorelline furono scambiate per gemelle, ed anche Sergio si salvò, probabilmente grazie alla sua particolare bellezza. Questi sopravvissuti alla prima selezione furono portati all'interno di una stanza. Lì diedero le loro generalità, furono spogliati, rasati, "lavati", disinfettati e gli tatuarono un numero di matricola sul braccio. La mamma delle bambine chiese di essere tatuata per prima, e le assegnarono il numero 76482; successivamente vennero tatuate Tatiana e Andra. Il tatuaggio serviva per l'identificazione all'interno del campo, ma ancor di più serviva a far perdere l’identità a chi da quel momento in poi sarebbe stato identificato con esso. Il numero identificativo doveva essere imparato a memoria in tedesco per gli appelli a cui però i bambini non partecipavano. Durante l'intervista, Tatiana ha dichiarato che sia lei che la sorella non hanno mai avuto intenzione di cancellare il proprio tatuaggio in quanto l'eliminazione non sarebbe servita a fargli dimenticare quello che avevano vissuto.
 Successivamente, i bambini furono separati dai genitori e portati nel Kinderblock, la baracca dei bambini destinati agli esperimenti del “dottor” Mengele. 
Quando la madre riusciva ad eludere la sorveglianza, andava a trovare le sue piccole. Ma le sorelle avevano quasi paura di lei, dato che il suo aspetto era completamente cambiato, e non riuscivano neanche ad abbracciarla; ogni volta che la mamma le andava a visitare ripeteva loro di non dimenticare né i loro nomi né che erano italiane. Una delle blockove (addette alla sorveglianza della baracca dei bambini e delle donne) prese in simpatia le due bambine e quando poteva le aiutava. Una volta disse loro che se gli avessero chiesto se volessero vedere la mamma loro avrebbero dovuto dire di no. Le bambine riferirono questo messaggio anche a Sergio, il quale però non le ascoltò e quando gli rivolsero questa domanda se ne andò via fiero e sorridente con le guardie naziste per poi non tornare mai più; solo dopo molto tempo si seppe la terribile fine che aveva fatto. Il povero Sergio era stato utilizzato da Mengele per i suoi folli esperimenti; quando era diventato debole ed "inutile" fu portato insieme ad altri bambini al campo di concentramento di Neuengamme dove subì orribili esperimenti e trovò infine la morte: fu stordito con una fiala di morfina e poi impiccato con un gancio da macellaio.  
Nell'intervista, Tatiana ha dichiarato che Mengele morì convinto di aver fatto un favore all'umanità conducendo questi assurdi esperimenti sui bambini. Nel febbraio del 1945, dopo la liberazione, Andra e Tatiana, che avevano perso i contatti con la madre credendola morta, vennero trasferite insieme ad altri bambini in un orfanotrofio vicino a Praga dove impararono il ceco. Rimasero lì fino al 1946, quando vennero messe su un aereo con altri bambini e trasferite in Inghilterra, nella tenuta di sir Benjamin Drage, usata come orfanotrofio e centro di accoglienza per i bambini provenienti dai campi di concentramento e di sterminio. Lì per la prima volta dopo circa un anno e mezzo Andra e Tatiana si sentirono protette e amate. Nel frattempo, la loro mamma - che non aveva smesso di cercarle - le trovò. Solo nel 1946 le due sorelle vennero portate a Roma e poterono riabbracciare la mamma. Questo momento per Tatiana non fu felice; infatti ricorda di essersi sentita molto sola dato che la direttrice dell'orfanotrofio, che per loro era diventata una seconda mamma, le lasciò alla madre per poi andarsene subito. Successivamente, Andra e Tatiana tornarono alla normalità quasi facendo finta che ciò che avevano vissuto a Birkenau non fosse successo. 


Dopo l’intervento di Tatiana, i giornalisti hanno passato la parola a Mario De Simone il quale è un testimone indiretto della Shoah perché non è mai stato prigioniero in un campo di concentramento o di sterminio, ma ormai da anni racconta in giro per il mondo la storia di suo fratello Sergio, un bambino a cui i nazisti hanno tolto il diritto di continuare a ridere, giocare, crescere, lavorare e soprattutto sognare. Lui, come tutti i bambini che sono morti a causa della crudeltà umana, avrebbe dovuto avere il diritto di crescere e fare la propria vita, esattamente come dovrebbero crescere tutti i bambini. 
In quest'intervista, Tatiana ha anche ammesso di non essere più credente, ma di essere diventata atea: sostiene che non ci può essere un Dio, perché se vi fosse stato avrebbe impedito tutti gli orrori che sono accaduti nel periodo della Shoah. 
Alla fine dell’intervista, il vice sindaco del Comune di Salerno Eva Avossa, ha comunicato alla sig.ra Bucci che il Comune di Salerno ha avviato la procedura per conferire a Tatiana e Andra Bucci la cittadinanza onoraria salernitana. 
Le due sorelle oggi, insieme ad altri pochi sopravvissuti della Shoah ancora in vita, continuano instancabili a raccontare la loro storia a vantaggio di chi avrà orecchie per ascoltare. 
È stato anche realizzato un cartone animato sulla storia di Tatiana e Andra. Si tratta del primo film di animazione europeo sull’Olocausto, ed è intitolato "La stella di Andra e Tati". Lo scopo dell’opera è quello di far sì che questa storia possa arrivare a tutti, anche ai più piccoli. Tutti abbiamo infatti il dovere di raccontare alle future generazioni tutto ciò che è accaduto e che per tanti, troppi anni è stato addirittura nascosto, fra l’imbarazzo e la vergogna degli stessi superstiti.

Martina Russo

Classe 4^ sez. B 

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